La ceramica italiana conquista i mercati.
Le esportazioni del settore ceramico italiano verso l’Europa hanno fatto un balzo del 18,5% in Francia, del 17,8% in Germania e del 24% nei Paesi Bassi nel primo semestre 2021 rispetto ai dati dell’anno precedente (del 2019 considerando che nel 2020 il mercato è rimasto pressoché fermo). L’industria della ceramica sfida la crisi e aggredisce il mercato come ha testimoniato anche il successo della scorsa edizione del Cersaie che si è svolto a settembre del 2021: 15 padiglioni interamente occupati, 623 espositori, 38% dei quali stranieri provenienti da 28 nazioni; 63 mila presenze, di cui il 40% stranieri. «Le vendite dello scorso anno – spiega il presidente di Confindustria Ceramica, Giovanni Savorani, nella foto – hanno fatto registrare ottimi numeri sia sul fronte delle esportazioni sia sul mercato italiano, da vent’anni anni in progressivo calo».
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C’è un motivo, secondo lei?
Le ragioni sono sostanzialmente tre: la riscoperta del “bene casa”, con conseguente riqualificazione e ristrutturazione, i tassi d’interesse bassi che agevolano gli interventi e gli incentivi per la riqualificazione congiunti alla cessione del credito che hanno spinto molti ad andare in questa direzione.
Quali sono le prospettive future e quali le criticità?
La domanda continua ancora a rimanere elevata. Il problema nasce sul versante dei costi – soprattutto dell’energia, delle materie prime e degli imballaggi – per i quali stiamo registrando situazioni di grandissima tensione. Questo fenomeno potrebbe in alcuni casi generare un problema di produzione a costi superiori ai ricavi, determinando fermi temporanei nella produzione per riequilibrare il mercato. Un paradosso.
Che ruolo l’innovazione?
Negli ultimi sei anni il nostro settore ha investito oltre due miliardi di euro in innovazione tecnologica, principalmente in nuove linee produttive. Abbiamo investito nella fabbrica 4.0 non solo per avviare l’automazione del processo ceramico, che era già una realtà esistente, ma per compiere un passo ulteriore avviandoci verso il percorso di manifattura intelligente anche grazie all’intelligenza artificiale, un elemento ulteriore di qualità. Un altro aspetto rappresenta gli investimenti sulle grandi lastre. La ceramica italiana è un settore in grado di produrre mosaico 2X2 di grandi dimensioni: questo è il suo grande elemento di forza.
Quanto conta il fattore sostenibilità in questa espansione?
I risultati positivi della domanda del prodotto ceramico italiano derivano anche dalle caratteristiche di sostenibilità ambientale del prodotto in quanto tale. Viviamo in ambienti dove la necessità di sanificazione o di pulire con facilità è un tema centrale. È possibile sanificare e pulire anche con detergenti particolarmente aggressivi una superficie ceramica italiana e rimarrà inalterata per i prossimi cinquant’anni, un tempo uguale a quello dell’edificio che la ospita. Nella logica dell’economia circolare i vantaggi della durabilità sono evidenti. La ceramica, inoltre, è un materiale inerte, cioè seppure attaccato dagli agenti atmosferici o dagli acidi non viene sottoposto ad alcun deterioramento; non emette VOC, è ingelivo, non brucia. Si tratta cioè di caratteristiche intrinseche che rendono il prodotto ceramico sostenibile dal punto di vista ambientale. Altro tema importante è quello della manifattura. La premessa è che qualsiasi attività dell’uomo ha un impatto ambientale. La ceramica lo ha ugualmente, ma grazie agli investimenti di industria 4.0 noi abbiamo puntato alla sostenibilità ambientale. Qualche esempio: l’acqua che viene utilizzata viene totalmente reimpiegata all’interno del ciclo produttivo e rottami e scarti di produzione vengono rimacinati e riutilizzati come materia prima secondaria all’interno del ciclo produttivo. Nulla viene buttato in discarica, ma viene interamente riutilizzato. L’industria ceramica è un’industria termica, energivora, che usa nella sua produzione il gas metano, il più pulito tra i combustibili fossili. Di grande rilevanza, poi, il tema dell’ottimizzazione energetica: un esempio sono i bruciatori a gas metano che arrivando a una fase di cottura di 1.200 gradi centigradi, perché la curva termica è questa, ottimizzano, grazie a tutta una serie di sensori, ogni centimetro del forno (lungo 100/120 metri) che produce la ceramica.
Per favorire la sostenibilità, di più non si può fare. Lo dice chiaramente il presidente di Confindustria Ceramica, Giovanni Savorani: «Abbiamo ottimizzato i consumi di gas metano e non possiamo fare ulteriori passi avanti. La transizione ecologica potrà avvenire quando potrà essere utilizzato l’idrogeno. Siamo in una situazione in cui il costo del metano come materia prima, a causa delle pressioni geopolitiche, tende a crescere. Il sistema degli ETS emesso dalla Commissione europee (ndr il sistema che consente lo scambio delle quote di emissione di anidride carbonica) impone un principio corretto, ma è una tassa iniqua. E questo perché non abbiamo un’alternativa. Non esistono, solo per fare un esempio, ancora impianti in grado di supportare i blend tra metano e idrogeno. Il vero problema è che non esistono a oggi alternative valide per ridurre maggiormente l’impatto ecologico». (F.M.)