Idrogeno pulito, per E&S in Italia il fabbisogno è di oltre 7 milioni tonn/anno

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Secondo l’Hydrogen Innovation Report 2024 di Energy&Strategy per produrre i 7,5 Mt di idrogeno pulito per l’industria e il trasporto pesante servirebbero 250 GW aggiuntivi di rinnovabili: 3 volte gli obiettivi di fotovoltaico al 2030

Questa la stima degli esperti del PoliMi illustrata nell’Hydrogen Innovation Report 2024. Uno sforzo enorme ma necessario, visto che i 4,1 Mt di idrogeno pulito per l’industria hard-to-abate basterebbero da soli a ridurre le emissioni di CO2 di 27,37 Mt l’anno, a fronte del target totale di 287,1 Mt a fine decennio.

 

Idrogeno pulito e uso delle risorse

Circa 7,5 milioni di tonnellate di idrogeno pulito per i settori industriali e per i trasporti pesanti, difficilmente elettrificabili. A questi se ne aggiungerebbero altri 7,7 se si volesse anche soddisfare il fabbisogno civile di riscaldamento.

Secondo la stima realizzata dall’Energy & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, questi sono i dati del fabbisogno annuale in Italia. considerando i settori principali di possibile adozione e convertendo l’attuale utilizzo di altre fonti, come ad esempio il metano.

All’industria sarebbero destinati 5,4 milioni di tonnellate, di cui 4,1 a quella hard-to-abate (che permetterebbero da soli di risparmiare fino a 27,37 Mt di emissione di CO2 l’anno a fronte dei 287,1 Mt totali previsti dal nostro Paese  al 2030), i restanti 2,1 ai trasporti pesanti: una quantità che appare irraggiungibile se si considerano gli obiettivi decisamente poco ambiziosi del PNIEC al 2030, che prevedono appena 0,115 Mt per utilizzi industriali e 0,136 Mt per i trasporti, cioè rispettivamente il 2,1% (2,8% se si considerano i soli settori hard-to-abate, come acciaio e fonderie, chimica, ceramica, carta e vetro) e il 6,4% del potenziale massimo di adozione.

 

Quale è lo scenario?

«Purtroppo c’è una distanza enorme tra l’attuale strategia nazionale sull’idrogeno e gli obiettivi indicati nel PNIEC e il reale fabbisogno di idrogeno verde. – Ha dichiarato Vittorio Chiesa, Direttore di E&S e tra gli estensori dell’Hydrogen Innovation Report 2024. – In queste condizioni è troppo incerta la direzione di medio-lungo periodo che il Paese intende percorrere. Ed è quindi assai difficile per gli operatori elaborare linee di azione e dare il via allo sviluppo di una filiera nazionale. Come invece sta già accadendo in Germania, Francia e Spagna”.

In Europa si viaggia ad altre velocità: in Germania gli obiettivi di consumo di idrogeno sono stati rivisti al rialzo nel corso del 2023 e gran parte del fabbisogno sarà coperto da importazioni, mentre la Francia, che dispone di energia nucleare, punta a produrre localmente entro il 2030 più dell’80% di quanto le occorre. Quanto alla Spagna, si candida a diventare esportatore della «molecola verde» (ruolo ambito anche da diversi Paesi del continente africano) puntando entro fine decennio a 11 GW di capacità di elettrolisi, sfruttando il proprio potenziale di disponibilità eolica e fotovoltaica.

“Per consentire la sola produzione annua di 7,5 milioni di tonnellate di idrogeno richiesti per industria e trasporto pesante servirebbero 250 GW aggiuntivi di rinnovabili. – Continua Chiesa. – Cioè circa 3 volte gli attuali obiettivi di fotovoltaico al 2030, 500 GW se si includono i consumi termici del settore civile».

 

Una sfida per le Fer

Per l’Europa il 2023 sia stato un anno di svolta sia dal punto di vista del supporto all’intera filiera dell’idrogeno che da quello normativo. Questo grazie anche all’adozione di numerosi accordi e direttive per favorirne la diffusione principalmente nei settori di difficile decarbonizzazione.

Risulta però difficile immaginare, almeno nel breve termine, una produzione di idrogeno rinnovabile che riesca a insidiare il massiccio utilizzo attuale di fonti fossili. La conferma viene anche dal nuovo schema incentivante della European Hydrogen Bank, attraverso cui la Commissione europea concede un supporto finanziario ai progetti di produzione da elettrolisi più competitivi.

Purtroppo i risultati della prima asta pilota, che ha assegnato 720 milioni di euro, mostrano che oggi il vantaggio con le soluzioni fossili è estremamente basso e migliora solo laddove sono abbondanti le risorse Fer a disposizione. 

 

Non solo idrogeno pulito

Idrogeno sostenibile però non significa solo elettrolisi e idrogeno verde: ad oggi sono numerosi gli sforzi di ricerca verso tecnologie innovative di produzione come il Bio-Hydrogen e l’idrogeno naturale, entrambi promettenti. Il bio-idrogeno è l’unico con un’impronta carbonica potenzialmente negativa, grazie all’uso delle biomasse come origine e all’applicazione di tecnologie CCS, in più ha costi di produzione attesi che potrebbero essere più competitivi di quelli dell’idrogeno verde, anche se ancora distanti di quello grigio. Tuttavia, la diffusione su larga scala è limitata dalla scarsa maturità delle tecnologie e dalla competizione con la produzione di biometano.

C’è poi l’idrogeno naturale, presente nel sottosuolo e capace di rigenerarsi continuamente grazie a diversi processi geologici (il ciclo dura circa 10 anni), cosa che lo porta ad essere assimilato alle fonti rinnovabili. Nonostante prospettive di costo potenzialmente minime (0,5 – 1 €/kg H2), vi è una forte incertezza normativa accompagnata da importanti preoccupazioni sull’effettiva disponibilità e utilizzabilità dei giacimenti.

Immagine di scharfsinn86 acquisita con licenza da Adobe Stock (AdobeStock_585044270)

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