Idrogeno pronto allo sprint.
La filiera dell’idrogeno è in vivace e continuo fermento. Obiettivo degli operatori: divulgarne i vantaggi e sottolineare le sue opportunità di crescita, nonostante le barriere che ancora ne ostacolano la diffusione.
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IDROGENO PRONTO ALLO SPRINT: LA RISORSA CHE PIACE ALLA UE
L’utilizzo dell’idrogeno è, infatti, fortemente spinto dagli obiettivi europei relativi alla transizione energetica e che impongono agli Stati membri di trovare soluzioni che possano contribuire in modo complementare e sinergica agli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e al 2050, come prevede la «Hydrogen strategy for a climate-neutral Europe», lanciata dalla Commissione europea l’8 luglio 2020.
IDROGENO PRONTO ALLO SPRINT: SI GIOPCA SU PIÙ TAVOLI
«L’idrogeno – specifica Cristina Maggi, direttrice di H2IT, Associazione italiana idrogeno e celle a combustibile e sede di aggregazione per grandi, medie e piccole imprese, centri di ricerca e università che lavorano nel settore – in quanto vettore energetico flessibile e sostenibile, può giocare un ruolo molto importante e oggi è considerato imprescindibile per raggiungere questi obiettivi stringenti. Infatti, è un vettore energetico che non genera emissioni di anidride carbonica. Inoltre – prosegue Cristina Maggi – se prodotto da fonti rinnovabili, è privo di emissioni sia carboniche sia inquinanti anche nella sua produzione. Affinché contribuisca alla neutralità climatica, deve però raggiungere una scala molto più ampia di utilizzo e la sua produzione deve essere decarbonizzata. Oggi viene utilizzato principalmente nell’industria, ma non è l’unico settore dove può essere un’opportunità per la decarbonizzazione: può avere un grande impatto nel settore dei trasporti, nel settore residenziale e nella produzione di energia».
INDISPENSABILE PER TUTTI
Secondo la Commissione europea, la quota di idrogeno nel mix energetico europeo crescerà entro il 2050 dall’attuale 2% al 13-14%, cifre che confermano per l’idrogeno un ruolo importante non solo per la transizione energetica, ma anche come chiave per aggiornare il tessuto industriale. Se le aziende di grandi dimensioni contribuiscono in modo importante nell’aggiornare la propria filiera, in Italia è fondamentale che anche le piccole e medie imprese seguano lo stesso percorso, in modo da partecipare attivamente alla costruzione di un nuovo mercato e attrarre investimenti. Come fare per aiutarle? Cristina Maggi mette sul poatto alcune proposte: «Per supportate la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili – dice – saranno necessari tutta una serie di azioni: allineare i piani strategici (aggiornare al più presto il Piano energia e clima), semplificare gli iter autorizzativi, supportare l’industria degli elettrolizzatori e mettere in atto azioni in ambito regolatorio. Tutto questo a partire dalla definizione di un quadro relativo alle garanzie di origine dell’idrogeno. Il tema della sostenibilità ambientale è legato a quello della sostenibilità economica dei progetti: per abilitare gli investimenti è necessario un quadro normativo chiaro dove muoversi e una strategia che dia una visione delle prospettive future. Le linee-guida pongono un obiettivo di installazione di elettrolizzatori al 2030 pari ad una potenza installata di 5GW. Per produrre idrogeno verde da elettrolisi sarà necessario installare impianti rinnovabili dedicati che si vanno ad aggiungere a quelli previsti per raggiungere gli obiettivi del PNIEC”.
Sono dunque necessari regolamenti e normative in linea con queste necessità, semplificazioni dei processi e incentivi, perché le aziende possano crescere e competere a livello europeo e internazionale con prodotti, impianti tecnologie e componenti; su questo lavora H2IT che, anche attraverso interventi alla Camera dei Deputati – Commissione Attività Produttive, commercio e turismo – sottolinea le grandi opportunità di crescita della filiera e quali barriere sono da superare.
(idrogeno pronto allo sprint)
Fra le iniziative fortemente volute dagli attori della filiera dell’idrogeno vi è lo sviluppo delle hydrogen valley, “ecosistemi” che includono sia la produzione che il consumo di idrogeno e che, nelle loro sedi, mettono in relazione ricerca scientifica, mobilità sostenibile, usi industriali e civili. I progetti per la definizione di questi hub si stanno moltiplicando in Italia e un esempio concreto è quello della “hydrogen valley” alle porte di Roma, un progetto ideato da Enea che qui ha investito 14 milioni di euro per dar vita al primo incubatore tecnologico italiano per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno. «Si tratta di una piattaforma polifunzionale, inclusiva, in cui ci occuperemo di idrogeno a 360 gradi, per accelerare ricerca e innovazione e mettere a disposizione dell’industria infrastrutture hi-tech per arrivare a colmare il gap fra scala di laboratorio e industriale», spiega Giorgio Graditi, Direttore del Dipartimento Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili dell’Enea e rappresentante Enea all’interno della European Clean Hydrogen Alliance. In questo contesto avranno quindi sede un insieme di infrastrutture per la ricerca e la sperimentazione, spaziando fra produzione, distribuzione, accumulo e utilizzo. (A.S.)